Il primo nucleo della raccolta di Lugi Tadini si forma a Crema negli anni delle soppressioni delle istituzioni ecclesiastiche (tra il 1808 e il 1811 circa), quando il conte acquista dipinti provenienti dalle chiese e dai monasteri cittadini per impedirne la dispersione sul mercato antiquario.

Il conte poteva ricavare informazioni sul patrimonio artistico cremasco grazie alle opere che poteva leggere nella sua Biblioteca: Le maraviglie dell’arte di Ridolfi, la Notizia delle opere di disegno di Marcantonio Michiel, pubblicata nel 1800 da Iacopo Morelli e lo Zibaldone di Antonio Ronna, che raccoglieva i risultati delle ricerche d’archivio.

Entrano così nella collezione la Pala Manfron di Paris Bordon, acquistata nel 1805 insieme a una Deposizione di Aurelio Gatti, il Battesimo di Cristo e la Madonna con il Bambino e i Santi Lorenzo e Stefano< di Vincenzo Civerchio, che il conte Tadini considerava protagonista del Rinascimento cremasco, e la Fuga in Egitto attribuita dalla tradizione locale ad Aurelio Busso.

La scuola pittorica del Seicento era rappresentata dalle opere di Gian Giacomo Barbelli, a giudizio del conte il miglior pittore della città, e di Tommaso Pombioli, al quale si deve il fascinoso Suonatore di chitarra. Le due drammatiche tele con soggetti biblici attribuite a Bernardino Fusari documentano gli scambi con la cultura pittorica milanese. Da ricordare anche l’importante corpus di disegni di pittori cremaschi, tra Barbelli e Picenardi.

Matura in quegli anni l’idea di museo come testimone della cultura artistica cremasca, in parallelo con il progetto della Storia di Crema, la pubbliazione commissionata all’abate Bartolomeo Bettoni e dedicata all’imperatore d’Austria Francesco I in occasione della sua visita alla città nel 1816. Ironia della sorte, proprio le pagine del manoscritto furono all’origine della rottura tra il conte e i suoi concittadini, che lo portarono ad abbandonare Crema nel 1819 e a trasferire a Lovere nel 1827, tutte le raccolte d’arte.