Battesimo di Cristo

Autore: Vincenzo Civerchio (Crema, 1470 circa - Crema, 1544)

Data: 1539

Tecnica e supporto: olio su tela

Dimensioni: 259 x 173 cm

Inventario: P 36

“85. Battesimo di Gesù Cristo. N. S. è in piedi in riva al Giordano , e riceve l’acqua che gli vien versata sul capo da S. Giovanni Battista. All’opposta sponda, e nel di dietro avvi un gruppo di tre angioli, due dei quali tengono le vesti di N. S. ed il terzo è in atto di pregare. Nel fondo bellissimo paesaggio montuoso, ed in aria una gloria di angioli e cherubini collo Spirito Santo nel mezzo. Opera di Vincenzo Civerchi da Crema, fatta l’anno 1539 ed in un picciolo biglietto posto ai piedi di S. Giovanni si leggono le seguenti parole : “Vincentius Civerchio de Crema civis Brixiae donatus fecit an. M.D.XXXVIIII.”

Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.

Un Cristo raffigurato quasi di profilo sta nelle acque poco riflettenti del Giordano, che si perde in lontananza in un paesaggio verde e montuoso, passando sotto un ponte e costeggiando una città. Di fronte a lui, il Battista versa con reverenza e attenzione un rivolo d’acqua da una ciotola, mentre sulla sinistra un angelo è in adorazione e altri due reggono e sventolano la veste rossa di Gesù, azione a metà fra la danza e la spartizione del tessuto, quasi anticipazione del suo sacrificio. A corona della scena vi è la colomba dello Spirito Santo ad ali spiegate, fra nubi dorate e teste di angeli. L’oro si fonde poco più sotto con il rosa e l’arancione del tramonto che chiude l’orizzonte.
Il dipinto è firmato e datato nel cartiglio posto ai piedi di Giovanni Battista: “VINCENTIVS CIVERCIVS / DE CREMA CIVIS BRIX / IE DONATVS FECIT / .I.D.XXXVIIII.”. Non esistono quindi dubbi sulla sua paternità e sul momento esatto della realizzazione, così come sulla collocazione originaria, confermata dal contratto di allogazione dell’opera rivenuto alla metà degli anni ottanta. Ritenuta inizialmente proveniente dal convento di Sant’Agostino, la grande pala era in realtà collocata nella cappella dedicata al Battista posta nella controfacciata della chiesa di San Pietro Martire dei Padri Domenicani (comunemente chiamata San Domenico e ora sede del teatro cittadino). Al momento della dismissione dei beni della chiesa e del convento il dipinto era probabilmente collocato in un’altra cappella di fianco all’altare maggiore, dopo la distruzione del luogo per il quale è stata eseguita. Dal documento di commissione si apprende inoltre che il Civerchio ornò con decorazioni vegetali e a finto marmo l’intero ambiente della cappella, edificata per l’occasione dal magister murarius Matteo Facchinetto con fregi in cotto e colonne all’antica.
Ci si doveva così trovare di fronte a un ambiente unitario, dove si poteva cogliere l’adesione al gusto allora imperante di reminescenze classiche e più nello specifico di decorazioni alla romana. E questa spinta verso tale declinazione della Maniera la si individua chiara ed evidente nella tela di Vincenzo Civerchio, fastoso connubio di sperimentazioni forse non pienamente recepite e di elementi ancora quattrocenteschi. Le fisionomie dei corpi nervosi e segnati del Cristo e del Battista ricordano quelle dei santi della tavola posta sull’altare di San Sebastiano nel Duomo di Crema, datata al 1518. Il manierismo turbina per tutta la tela e avvolge i due angeli sulla sinistra e il manto del Battista, denotando una ricerca verso tale direzione che il pittore opera costantemente a partire dagli anni venti del Cinquecento. Fortunata e significativa per un confronto è la presenza nella Galleria Tadini dell’opera di Paris Bordon raffigurante la Madonna in trono tra S. Giorgio e S. Cristoforo, collocata dalla fine degli anni venti nella chiesa di Sant’Agostino in Crema, sicuro punto di riferimento per la produzione tarda del Civerchio e nello specifico per il Battesimo. Assieme alle altre opere lasciate o inviate nella cittadina lombarda da pittori veneti come Vincenzo Catena e Giovanni Cariani, il dipinto del Bordon sembra fornire diversi elementi al maestro cremasco: le pose artefatte degli angeli, la postura studiata di Giovanni Battista e la torsione del Cristo, qui interpretata in modo imperfetto. Tipicamente veneti sono anche le tonalità dei manti e il cielo acceso di rosa e arancione, che sovrasta un paesaggio per la verità ancora legato a modelli quattrocenteschi e più lombardo.
Proprio questa natura a metà fra due mondi ha fatto ritenere la pala opera più di bottega che di mano di Vincenzo Civerchio, all’epoca della realizzazione sicuramente già anziano e prossimo alla morte (avvenuta nel 1544). Gli aiuti del pittore, oggi ancora quasi totalmente sconosciuti, hanno avuto sempre più peso nella sua produzione a partire dagli anni venti. Ma il marchio civerchiano va riconosciuto specialmente nei particolari di qualità più elevata della pala, come il paesaggio così pieno di particolari o il bel volto del Cristo, dominato dagli occhi blu e da fluenti capelli.
Gabriele Cavallini

Per saperne di più:
M. Marubbi, Vincenzo Civerchio. Contributo alla cultura figurativa cremasca nel primo Cinquecento, Milano 1986, p. 140.
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