Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini

Una mostra ricostruisce per la prima volta la lunga storia storia di amicizia tra Antonio Canova e i conti Luigi e Faustino Tadini. La vicenda ha inizio a Roma intorno alla metà dell’ultimo decennio del Settecento. Roma era in quegli anni il centro di attrazione per viaggiatori provenienti da tutta Europa, stupiti per la grandiosità delle rovine e per i capolavori che si potevano ammirare nelle collezioni pubbliche e private. Qui si incontrano, quasi per caso, i quattro protagonisti: Antonio Canova, che si andava affermando come il più moderno interprete dell’antico, l’amico Antonio d’Este che ne dirigeva lo studio, il conte Luigi Tadini, ricco possidente cremasco in viaggio d’affari, accompagnato dal figlio Faustino.

La ricostruzione di quest’amicizia è affidata a centotrenta lettere, custodite nell’Archivio dell’Accademia Tadini, che rappresentano il filo conduttore della nostra storia e che sono per la prima volta trascritte nel secondo volume dei Quaderni dell’Accademia Tadini, edito per l’occasione.

La mostra si apre ricostruendo le circostanze in cui matura il fortunato volumetto di Faustino Tadini, Le sculture e pitture di Antonio Canova pubblicate fino a quest’anno 1795 (Venezia 1796), prima attestazione critica della fama dell’artista alla cui gestazione non è estraneo l’entourage canoviano.

Segno concreto della stima dell’artista nei confronti della famiglia Tadini èil dono del raro bozzetto in terracotta per La Religione, destinata al monumento a Clemente XIII. Come ebbe a far notare lo stesso D’Este, pochi in Italia potevano vantarsi di possedere una terracotta originale di Canova. Il bozzetto è esposto in una nuova vetrina che ne valorizza la qualità e ha recuperato con un intelligente restauro il basamento antico.
Il conte Tadini, dal canto suo, incrementò la propria raccolta acquistando un certo numero di incisioni che riproducevano le opere canoviane. Il fondo loverese permette qualche significativa aggiunta al catalogo completo.
Intorno al 1818 il conte Tadini, avendo ormai concluso l’allestimento del proprio Museo nel palazzo di Crema, maturò l’ambizioso progetto di arricchirlo con un’opera di Canova. L’interesse del conte Luigi Tadini era rivolto innanzitutto alle “teste ideali”, genere ben noto in Lombardia grazie all’interesse mostrato da altri collezionisti. Grazie all’importante e generosa collaborazione dei Civici Musei di Storia e Arte di Brescia è possibile mettere a confronto con l’iniziativa del conte Tadini la vicenda del bresciano Paolo Tosio, i cui rapporti con il conte Tadini sono facilmente intuibili a fronte della comune frequentazione dell’Ateneo di scienze, lettere ed arti bresciano. Quest’ultimo, grazie alla mediazione di Luigi Basiletti, avrebbe acquistato da Antonio Canova la Eleonora d’Este. Documenta l’intelligente apertura alla scultura neoclassica di Paolo Tosio il Ganimede di Bertel Thorvaldsen. I due marmi erano esposti nel Gabinetto ottagonale di Palazzo Tosio, in un confronto che si è voluto riproporre anche in mostra per documentare le differenti scelte compiute dal conte Tadini, la cui fedeltà alla memoria di Antonio Canova si può dire esclusiva.
E’ Antonio Canova a suggerire al conte Tadini che desiderava una sua opera l’esecuzione di una stele in memoria di Faustino. Eseguita tra il 1819 ed il 1821, la Stele Tadini rappresenta forse l’ultimo capolavoro dell’artista, che rielabora il tema della dolente già impostato nella precedente Stele Volpato (Roma, Santi Apostoli), richiamato in mostra dall’importante gesso originale concesso in prestito dall’Accademia di Belle arti di Ravenna, trasfigurando il ricordo del tragico episodio nel quale scomparve Faustino Tadini una commossa elegia. Il tema va senz’altro messo in rapporto con il dibattito sul significato della memoria e dei monumenti funerari che in quegli anni vedeva impegnati sul fronte letterario Ugo Foscolo, Ippolito Pindemonte e Pietro Giordani. La Stele, restaurata nel 2009 da Cinzia Parnigoni con il contributo del Comune di Lovere, ha recuperato quel raffinato trattamento di superficie del marmo che ne costituisce una delle caratteristiche peculiari. La riapertura dell’antica finestra voluta da Canova ha poi consentito il recupero delle originarie condizioni di visione stabilite da Canova.

La quarta sezione riguarda il mito di Canova, scomparso a Venezia il 13 ottobre 1822, nella collezione Tadini. Ne è precoce attestazione il Ritratto di Antonio Canova, busto in gesso ispirato ad una incisione di Antonio d’Este (pure conservata nella raccolta Tadini), ricavato dallo stesso modello già adottato per l’incisione riprodotta nel volumetto di Faustino Tadini. Il busto è stato proposto a Lattanzio Querena come modello per la tela commissionata dal conte Tadini nel 1828, parte di un progettato ciclo di “Uomini illustri”.

 

Antonio Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini

Lovere, Galleria dell’Accademia Tadini – Atelier del Tadini, 25 aprile – 20 giugno 2010
Da martedì a sabato 15.00 – 19.00
Domenica e festivi 10.00 – 12.00; 15.00 – 19.00

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