La Stele Tadini è stata oggetto di un intervento di manutenzione straordinaria effettuata da Cinzia Parnigoni nell’agosto 2021 grazie al contributo di Fondazione della Comunità Bergamasca (Bando 2/2021) e del Circolo Amici del Tadini.

Autore: Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822)

Data: 1819-1821

Tecnica e supporto: marmo di Carrara

Dimensioni: 220x124,5 cm

Inventario: Cappella, G 1

“Cappella.

Semplice ed elegante è la costruzione di questa cappella. La facciata presenta un architrave ed un frontone sostenuti da quattro lesene d’ordine dorico. L’interno è in forma di croce greca con lesenati d’ordine corintio. Nel braccio a destra della porta avvi il monumento della patrizia famiglia Tadini, che fece innalzare in forma semplice il conte Luigi, ove riposano le ceneri del di lui figlio conte Faustino, e della di lui moglie contessa Libera Moronati, e quivi preparò anche per se stesso il luogo, della sua futura quiete.

Nel braccio di fronte alla porta avvi l’altare, al quale serve di Pala un quadro di Carlo Urbino Cremasco , rappresentante l’Assunta. Sotto la mensa si vede un basso rilievo non terminato, rappresentante la SS. Trinità, opera dei fratelli Fantoni da Roveta.

Nel braccio sinistro finalmente vi è il cenotafio scolpito dal gran Canova in memoria del conte Faustino Tadini, le cui ceneri sono deposte nel monumento di fronte già accennato. Una donna vestita con tunica e manto sia seduta, o piuttosto abbandonata, su di una seggiola e piange dinanzi ad un vaso poggiato su di un tronco di colonna, nel quale si suppone che sienvi le ceneri dell’estinto. La donna. sembra che col lembo del manto voglia asciugarsi le lagrime che per l’eccesso del dolore rimangono chiuse nel cuore trafitto da insanabile ferita. In questa donna lo scultore raffigurò le sembianze della madre, la quale vide coi propri occhi perire il figlio sotto le rovine di una casa che si stava demolendo. All’urna cineraria vi è appesa una ghirlanda di fiori funebri, e nel frontispizio una corona d’alloro, simbolo del valor poetico dell’estinto, le cui virtù ed il cui infelice fato vennero elegantemente espressi dal celebre Morcelli in una iscrizione posta sotto il cenotafio.”

 

Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.

Nel 1818 il conte Luigi Tadini, che aveva ormai concluso l’allestimento del proprio museo nel palazzo di Crema, matura l’ambizioso progetto di arricchirlo con una scultura di Antonio Canova. Il Conte pensava ad una testa ideale, sarà Canova a proporre un monumento in memoria di Faustino, figlio del conte, scomparso nel 1799 a venticinque anni in circostanze drammatiche. Canova era in quegli anni all’apice della sua fama, e le numerose commesse da tutta Europa rendevano piuttosto difficile ottenere da lui nuove opere. Il fatto che abbia scelto di impegnarsi personalmente per accontentare il conte Tadini è forse un segno del particolare affetto che lo legava alla memoria del giovane scomparso.

Canova intendeva adattare per la stele un Genio dolente già destinato al Monumento Stuart: il progetto è documentato da un interessante disegno conservato nell’Archivio storico dell’Accademia Tadini. Dopo aver scartato l’idea per via delle venature che erano apparse durante la lavorazione del marmo (la scultura è stata successivamente reimpiegata nel Monumento a Canova che si trova a Asolo, Museo Civico), Canova ripensa il progetto e avvia i lavori alla Stele nel settembre 1819; entro il mese di gennaio 1820 era completato il grande modello in gesso (Bassano del Grappa, Musei Civici). In aprile lo scultore scrive al conte Tadini che spera di concludere entro l’anno, ma i lavori di finitura che lo impegnano personalmente si protraggono a lungo, e l’opera approda a Lovere solo il 21 giugno 1821. Il 10 agosto la Stele era innalzata sul basamento, realizzato a Milano dallo scultore veronese Antonio Pasquali. Sarà inaugurata, con solenni festeggiamenti pubblici, il 24 e 25 settembre, alla presenza del viceré del Lombardo-Veneto, Ranieri d’Austria.

Canova sceglie di riprendere il tema della figura femminile dolente già adottato nella Stele di Giovanni Volpato (Roma, Santi Apostoli). Il tema va senz’altro messo in rapporto con il dibattito sul significato della memoria e dei monumenti funerari che in quegli anni vede impegnati sul fronte letterario Ugo Foscolo, Ippolito Pindemonte e Pietro Giordani. Individuando il modello nella Stele Volpato, Canova intendeva dimostrare la propria gratitudine nei confronti di chi aveva contribuito alla sua affermazione in ambito letterario pubblicando, nel 1795, il primo catalogo sistematico, e onorare l’amicizia che lo aveva legato a Faustino Tadini.

Per meglio inquadrare la bellezza di questa scultura, conviene ascoltare il racconto della nobildonna inglese Charlotte Eaton, che durante una visita allo studio di Canova nel 1818 ne descrive così la tecnica: “Uno scultore comincia con materiali molto più duttili. Egli forma i suoi modelli in argilla, e questo è il lavoro interamente delle sue mani.  … Quando ha finito, un suo assistente trae da essa un calco, che viene cosparso di punti posti a intervalli regolari per guidare i lavoranti. Da questo modello essi cominciano il lavoro, e dopo aver ridotto il blocco di marmo nella forma, e averla resa una statua abbozzata, lo scultore riprende le sue fatiche. La superficie, come essa era, veniva condotta alla sua forma perfetta, e gli ultimi tocchi di finitura li dava generalmente a lume di candela. E’ in seguito levigata con la pietra pomice. Molte sono le ore deliziose che ho trascorso con Canova, sia quando era occupato nella modellazione, sia nella scalpellatura”.

Come scrive la gentildonna inglese, Canova si riserva le due fasi principali del lavoro, l’ideazione o invenzione, fissata in un bozzetto in terracotta, successivamente tradotto in un modello in gesso, e le operazioni di finitura del marmo, quello che l’amico Leopoldo Cicognara chiamava “l’ultimo passo nelle arti”, aggiungendo poi che “le minime differenze sono quelle che costano di più il sudore, e portano ai sommi risultamenti”.

All’intervento personale di Canova si deve quindi il trattamento differenziato delle superfici, che vanno da quella opaca della tunica, non levigata, allo scivolare del manto, fino alla resa levigatissima degli incarnati, che si differenziano dall’effetto lucido del fondo. Un trattamento che mira ad ottenere quell’effetto di “bella carne, cioè la bella natura” tanto ammirato da Canova nel corso del suo soggiorno londinese nel 1815 nelle sculture di Fidia.

Marco Albertario


Per saperne di più:

Notizie patrie. Sull’epitafio del Canova in “Giornale di indizj giudiziarj della Provincia di Bergamo”, n.40, Bergamo, 4 ottobre 1821

I. Teotochi Albrizzi I. Teotochi Albrizzi, Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova descritte da Isabella Albrizzi nata Teotochi, I-IV, Pisa 1821-1824 (ristampa anastatica a cura di M. Pastore Stocchi, G. Venturi, Bassano del Grappa 2003), vol. II, 1822, pp. 11-15, n. XLV

L. Cicognara, Biografia di Antonio Canova scritta dal cav. Leopoldo Cicognara aggiuntivi: I. Il catalogo completo delle opere del Canova; II. Un saggio delle sue lettere familiari; III. La storia della sua ultima malattia scritta dal dottor Paolo Zannini, Venezia 1823, p. 68

L. Cicognara Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova del conte Leopoldo Cicognara per servire di continuazione all’opere di Winkelmann e di d’Agincourt, volumi I-VII, Prato 1823-1824 (ristampa anastatica a cura di F. Leone, B. Steindl, G. Venturi, Bassano del Grappa 2007), 1823-1824, tomo VII, 1824, p. 267

M. Missirini Della vita di Antonio Canova libri quattro, Prato 1824 (ristampa anastatica a cura di F. Leone, Bassano del Grappa 2004). 1824, p. 512

G. Rosini, Saggio sulla vita e sulle opere di Antonio Canova, Pisa 1825 (ristampa anastatica a cura di C. Sisi, Bassano del Grappa 2002). 1825, pp. 106-107

L. Tadini, Descrizione generale dello stabilimento dedicato alle belle arti in Lovere dal conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828, pp. 78-79

A. D’Este, Memorie di Antonio Canova scritte da Antonio D’Este e pubblicate per cura di Alessandro D’Este, Firenze 1864 (ed. cons. a cura di P. Mariuz, Bassano del Grappa 1999), p.343

G. Malagoli, Notizia storica intorno ad una scultura del Canova in Lovere, estratto da “Archivio storico dell’arte”, a. VI, n. 5, 1893, pp. 330-332, 369-372

Catalogo della Galleria Tadini in Lovere, Lovere 1903

V. Malamani, Canova, Milano 1911, pp. 258-259; ill. p. 26;

A. Foratti, Antonio Canova, Milano 1922, p. 67

E. Scalzi, Accademia di Belle Arti Tadini. Catalogo dei quadri esistenti nella Pinacoteca con note illustrative, Lovere 1929, pp. 12-22

M. Rossi, Catalogo illustrato delle opere di Antonio Canova con cenni sulla vita dello scultore, sulla Gipsoteca e sul Tempio di Possagno, Treviso 1950, p. 66

E. Bassi, Canova, Bergamo 1957, p. 36, ill. p. 136

A. Munoz, Antonio Canova: le opere, Roma 1957, p. 73

A. Gonzàles-Palacios, Canova (collana “I maestri della scultura”), Milano 1966, tav. XVI

G. Pavanello in L’opera completa del Canova, presentazione di M. Praz, apparati critici e filologici di G. Pavanello, Milano 1976, pp. 129-130, n. 315

O. Stefani, I rilievi del Canova. Una nuova concezione del tempo e dello spazio, Milano 1990, p. 129, ill. p. 131

G. Ericani, in Antonio Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini, a cura di M. Albertario, Milano 2010, pp. 225-226 n. IV.1

M. Albertario, in Antonio Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini, a cura di M. Albertario, Milano 2010, pp. 63-116

M. Albertario, in Antonio Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini, a cura di M. Albertario, Milano 2010, pp. 227-231 n. IV.2

M. Albertario, Darò notizie della mia Galleria”. Le raccolte del conte Luigi Tadini, in Musei nell’Ottocento. Alle origini delle collezioni pubbliche lombarde, atti del convegno (Milano, 7-8 ottobre 2010), a cura di M. Fratelli, F. Valli, Torino 2012, pp. 34-45