La generazione dei collezionisti lombardi nata intorno alla metà del Settecento – quella del Grand Tour e dell’Encyclopédie – poteva guardare gli oggetti in porcellana con quel tanto di stupore e di ammirazione dovuti all’arcanum (il segreto, gelosamente custodito, per ottenere l’impasto). Luigi Tadini non si sottrae al fascino dell’«oro bianco»: l’Inventario giudiziale compilato alla sua morte (1829) è significativo per indagare l’interesse dei collezionisti lombardi per la porcellana tra primo e secondo quarto dell’Ottocento. Per le generazioni seguenti l’apprezzamento estetico e la riflessione sulla tecnica saranno l’oggetto di valutazioni differenti, che dopo un lungo percorso porteranno anche in Italia alla nascita dei musei dedicati alle arti decorative su modello internazionale.

L’Inventario giudiziale accoglie la distinzione, legata alle consuetudini della casa, tra il servizio d’uso e le porcellane da collezione. Il primo – oggi considerato una testimonianza significativa della produzione della Manifattura Bottaini di Sovere – è descritto in cucina e in altri locali di servizio, stipato insieme ai bicchieri nei «vestiari» e «vestiarietti» sparsi per i corridoi. Si tratta di oggetti di una certa eleganza formale, per i quali Ilaria De Palma ha suggerito rapporti con i modelli della terraglia «all’uso inglese», forse ispirato ai celebri modelli della manifattura inglese di Wedgwood.

Le porcellane da collezione sono invece elencate nella Descrizione, e stima delle mobilie esistenti nel locale destinato per lo Stabilimento delle belle arti attiguo al Palazzo Tadini. La Stanza della Porcellana, appare come una pittoresca camera della memoria, colma dei fragili oggetti raccolti dal conte Luigi Tadini nel corso dei suoi viaggi (tra il 1793 ed il 1797 a Napoli, tra il 1801 e il 1802 a Parigi) insieme alle porcellane di provenienza orientale, un nucleo non privo di interesse da ricondurre alla fascinazione dell’Oriente e alla moda, diffusa anche presso l’aristocrazia lombarda, di raccogliere prodotti d’importazione.

Un servizio in porcellana, magari ornato con lo stemma di famiglia, rappresentava ancora, alla fine del Settecento, un oggetto di prestigio. Il conte Tadini acquista un «servito per dodici coverti» di gusto ancora settecentesco della manifattura parigina di Locré, che riprende modelli prestigiosi, combinando le forme di Sèvres e un decoro con bouquets di fiori “au naturel” ispirati ai modelli di Meissen. L’inventario del 1829 lo registra già esposto nelle sale della Galleria. Una raffinata selezione di tazze da caffé consente di ripercorrere i mutamenti del gusto delle manifatture parigine, dal tardo Settecento allo stile Impero.

Un’opera di grande fascino e di grande complessità come il Giudizio di Paride di Filippo Tagliolini è stato apprezzato come scultura, come confermano le sue successive vicende museali, fino al precoce confronto con il bozzetto di Canova.

Costanzo Ferrari nel suo poemetto Il Sebino, pubblicato nel 1844, celebra «le ricche dipinte porcellane / Dalla Francia venute, da Partenope / e dal Giappone e dalla China ancora».


Per saperne di più:

M. Albertario, Sulla soglia della “Stanza della Porcellana”, in Porcellane europee della collezione Tadini, catalogo della mostra (Lovere, Atelier del Tadini, 22 maggio-28 agosto 2011), a cura di M. Albertario, I. De Palma, Gianico 2011, pp. 8-12.