Il Gabinetto delle antichità, valorizzato dal restauro (2016) sostenuto da Regione Lombardia e Fondazione Cariplo,  è uno degli ambienti nei quali meglio si può apprezzare il gusto del conte Tadini per gli allestimenti evocativi. Essendo uno tra i più antichi in Lombardia, accanto a quello istituito da Pier Vittorio Aldini presso l’Università di Pavia, costituisce una preziosa testimonianza della storia dell’archeologia.

Il Gabinetto  riflette due diversi momenti culturali: la fase della raccolta dei materiali (nell’ultimo decennio del Settecento), e la loro musealizzazione nella Galleria di Lovere (tra il 1827 e il 1829).

La collezione del conte Luigi Tadini

La collezione si è formata prevalentemente attraverso acquisti fatti dal conte Tadini durante il suo viaggio in Italia, effettuato in più tappe fra il 1793 e il 1797, allorché fece sosta a Roma e soggiornò in più occasioni a Napoli, dove ebbe modo di visitare collezioni pubbliche e private e di incontrare alcuni dei protagonisti della vita culturale del tempo, tra i quali Lord e Lady Hamilton.

L’ipotesi trova conferma nelle ricerche svolte fin qui sui materiali. Ad esempio è documentato l’acquisto di una ascia ad occhio in Calabria, mentre i timbri in bronzo di età romana (signacula) provengono dall’Italia Centrale.

Anche per quanto riguarda le ceramiche si registra una decisa prevalenza di oggetti provenienti dall’Italia meridionale, tanto da rendere probabile l’ipotesi che si tratti di acquisti fatti durante il soggiorno nel Regno di Napoli. Vanno ricordati, ad esempio, i crateri a campana, la lekythos (vaso per unguenti)  proveneinte da Senise e lo skyphos tra le ceramiche apule a figure rosse del IV sec. a.C.; l’epichysis e l’oinochoe a bocca trilobata riferibili alla ceramica di Gnathia. A questi si aggiungono alcuni esempi di ceramica attica a figure nere come la lekythos (vaso per unguenti) del VI/V secolo a.C.) e di ceramica corinzia (aryballos del terzo quarto del VI secolo a.C.).

Per quanto riguarda i materiali protostorici, un recente studio ha consentito di ricondurre le armille all’Italia centrale e gran parte delle fibule all’Italia meridionale. La presenza di alcuni reperti per i quali si possono proporre confronti con l’area settentrionale o con la provincia di Bergamo suggerisce che Luigi Tadini abbia accolto anche materiali di provenienza locale. D’altro canto, lady Mary Wortley Montagu in una lettera del 3 settembre 1750 riferisce al marito del ritrovamento di sepolture sui monti intorno a Lovere e del suo tentativo di acquistare i reperti.

Restano ancora da studiare i bronzetti, in gran parte italici o romani, e le sculture in marmo, queste ultime per lo più frammenti integrati in stucco per assumere la forma di busto.

Per quanto riguarda la collezione numismatica, la tipologia dei materiali non consente di risalire alla formazione delle raccolte, pervenute con il legato Tadini (1829) e la collezione di Giovanni Battista Zitti (acquisita nel 1913 con il legato Banzolini Storti), quest’ultima formata con chiaro intento esemplificativo essendo composta da una moneta per ogni imperatore e disposta in ordine cronologico.

Armature antiche

In un. luogo di passaggio dietro alla scala vi sono alcune antiche armature ed armi irruginite dal tempo, ed opportunamente vi si scrissero sulla cornice della volta due Versi di Metastasio, tratti dal Temistocle:

Brando che inutil giace
Splendeva in guerra, è rugginoso in pace.

In questo luogo avvi il busto in marmo di S. M. il nostro imperatore, Francesco I. Di fronte a questo busto fu collocato un alto rilievo in marmo eseguito dal giovine Giovanni Benzoni di cui si è già parlato. […].

Gabinetto di antichità.

In questo gabinetto si conserva una Raccolta di medaglie antiche con alcune moderne; varj bronzi fra quali molti idoletti Egiziani, Etruschi, Greci e Romani; alcuni utensili d’arti, anelli , ed ornamenti muliebri. Dei bei vasi Etruschi figurati ed alcuni altri oggetti curiosi.”

 

Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.

Una stanza all’antica

Per creare un ambiente “in stile” idoneo all’esposizione dei reperti archeologici, Luigi Dell’Era ha raggiunto effetti di particolare suggestione, individuando insieme al conte Tadini i modelli tra le incisioni conservate nella collezione.

Per il Gabinetto delle antichità (o Gabinetto archeologico), Dell’Era ha immaginato fragili architetture dipinte con motivi tratti dalle tavole delle Antichità di Ercolano esposte, la prestigiosa pubblicazione edita tra il 1757 e il 1792 per documentare le scoperte archeologiche avvenute nel Regno di Napoli e acquistata dal conte Tadini nel suo viaggio in città. Il restauro condotto nel 2016 ha consentito di approfondire la tecnica pittorica usata da Dell’Era, tipica di un artista abituato a dipingere scenografie teatrali e quindi a lavorare in fretta, con risultati di sicuro effetto.

Le finte architetture dipinte includono quattro pannelli neri a figure rosse, ispirati alla pittura vascolare, in particolare ai vasi detti “etruschi”, che rappresentano: Antiope riconosciuta dai suoi figli, Coro di baccanale, Vincitore coronato alla festa di Bacco, Tiaso ossia orgia dei giovani. Questi quattro titoli evocativi dell’antichità classica aiutano ad identificare la fonte delle rappresentazioni, tratte dalle incisioni a soli contorni che illustrano l’album Serie di pitture copiate da celebri vasi antichi, detti volgarmente etruschi, pubblicato a Venezia nel 1801 e presente nella biblioteca del conte Tadini. .

La collezione della famiglia Scalzi

Nel 2016 don Gino Angelico Scalzi, direttore dell’istituto, ha voluto confermare la donazione di un nucleo di ceramiche antiche, probabilmente formatosi tra la fine dell’800 e l’inizio del secolo seguente. La tipologia dei materiali (in gran parte buccheri) non agevola le ricerche sulla provenienza, ma gli studi attualmente in corso hanno consentito di individuare tra le opere una brocca in bucchero da riferire alla produzione di Cerveteri.

Gli scavi della Necropoli di Lovere

Istituzione culturale di riferimento per l’area sebino-camuna, l’Accademia Tadini ha accolto i materiali provenienti da occasionali ritrovamenti per tutto il corso dell’Ottocento e i materiali provenienti dagli scavi sistematici condotti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica della Lombardia nell’area della necropoli di Lovere nel 1957, nel 1973, nel 2013 e 2015.

Attualmente i materiali sono in restauro, in vista di una futura esposizione degli stessi con criteri museografici idonei alla comunicazione dell’importanza del sito di Lovere nell’ambito della rete PAD (Percorsi Archeologici diffusi)

Per le scuole e i piccoli visitatori che vogliano scoprire il Gabinetto delle Antichità, l’Accademia Tadini ha sviluppato dei progetti didattici specifici che consentono l’uso della Loan Box, la “Scatola della storia“.