Un ricco scambio di lettere, oggi diviso tra l’archivio dell’Accademia Tadini e il Museo Civico di Bassano del Grappa, consente di ricostruire i rapporti tra Antonio Canova, il suo segretario Antonio D’Este, Luigi Tadini, il figlio Faustino e altri personaggi che circondavano il celebre scultore, da Leopoldo Cicognara a Isabella Teotochi Albrizzi.

Il primo incontro tra i Tadini e Canova ha luogo a Roma, nella bottega dello scultore, in occasione del viaggio dei conti in Italia intorno al 1794-1795. Il primo esito di questo incontro è la pubblicazione del fortunato volumetto di Faustino Tadini, Le sculture e pitture di Antonio Canova pubblicate fino a quest’anno 1795 (Venezia 1796), un commento in prosa e in rima delle opere di Canova affidato alla penna di Faustino Tadini.
Segno concreto della stima dell’artista per il giovane è il dono della Religione, bozzetto in terracotta per la grande scultura destinata al monumento a Clemente XIII in San Pietro.

Il conte Tadini completa successivamente la propria raccolta acquistando oltre trenta incisioni che riproducevano le opere del grande scultore, forse con l’intento di allestire una “cameretta canoviana”.

Attraverso la corrispondenza è possibile ricostruire le circostanze che portano al progetto della Stele Tadini, ultimo capolavoro dell’artista. Intorno al 1818 il conte Tadini, che aveva concluso l’allestimento del proprio Museo nel palazzo di Crema, pensa di arricchirlo con un’opera di Canova. E’ lo stesso Canova a proporre invece un monumento consacrato alla memoria del giovane Faustino, tragicamente scomparso nel 1799. Nel frattempo, Tadini aveva deciso di trasferirsi a Lovere, dove fa costruire la cappella destinata a accogliere la Stele.

Eseguita tra il 1819 ed il 1821, la Stele Tadini è l’ultimo capolavoro dell’artista, che rielabora il tema della dolente già impostato nella precedente Stele Volpato (Roma, Santi Apostoli), trasfigurando il ricordo del tragico episodio nel quale scomparve Faustino Tadini in una commossa elegia. Il tema va senz’altro messo in rapporto con il dibattito sul significato della memoria e dei monumenti funerari che in quegli anni vedeva impegnati sul fronte letterario Ugo Foscolo, Ippolito Pindemonte e Pietro Giordani.