Canova e Thorvaldsen: nostalgia e memoria dell’antico

Un’eccezionale esposizione allestita a Milano, Gallerie d’Italia, consente di mettere a confronto Antonio Canova (Possagno 1757 – Venezia 1822) e Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 – 1844), sullo sfondo di una Roma cosmopolita.

Il confronto tra i due grandi scultori impegnati nella traduzione di un repertorio iconografico comune, dove ricorrono le figure di Ebe, Amore e Psiche, Venere, fino all’eccezionale presenza di due gruppi rappresentanti le Tre grazie, evidenzia come la comune riflessione sull’antico si traduca in esiti differenti.

La mostra Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna allestita a Milano, presso Gallerie d’Italia si avvale di eccezionali prestiti dal Thorvaldsens Museum di Copenaghen e dall’Ermitage di San Pietroburgo, oltre che dalle collezioni Vaticane, dagli Uffizi, dal Paul Getty Museum di Los Angeles, dal Prado, dall’Ambrosiana e da Brera, dal Metropolitan Museum di New York, dalla Gipsoteca Antonio Canova di Possagno.

 

Giovedì 20 febbraio, alle h. 20.30, presso la Sala degli affreschi dell’Accademia Tadini (con ingresso da piazza Garibaldi 5) si svolgerà l’incontro Canova e Thorvaldsen: nostalgia e memoria dell’antico, conversazione con Elena Lissoni e Marco Albertario introduttiva alla visita alla mostra organizzata dall’Associazione Amici del Tadini.

Il confronto tra Antonio Canova (Possagno 1757 – Venezia 1822) e Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 – 1844) si svolge a Roma, dove Canova si era trasferito fin dal 1781 e Thorvaldsen arriva nel 1797: nei due decenni successivi, il confronto tra i due grandi scultori impegnati nella traduzione di un repertorio iconografico comune, dove ricorrono le figure di Ebe, Amore e Psiche, Venere, le Tre grazie, evidenzia come la comune riflessione sull’antico si traduca in esiti differenti.

Per Canova, “Ci vuol altro che rubbare qua e là da pezzi antichi e raccozzarli assieme senza giudizio, per darsi valore di grande artista. Conviene studiare dì e notte su’ greci esemplari, investirsi del loro stile, mandarselo in mente, farsene uno proprio coll’aver sempre sott’occhio la bella natura con leggervi le stesse massime“. Secondo Thorvaldsen, invece, era “[…] pericoloso ed inutile cercare nel vero le leggi e i principii dell’arte, quando già si erano concretati nella statuaria greca, dalla quale conveniva derivarli” (Salomon Reinach, riportando l’opinione dello scultore danese).

Da questi due sguardi diversi sull’antico scaturiranno due interpretazioni comparabili negli esiti, ma diverse nello spirito: Canova rivendica alla scultura il primato sulle arti, attraverso il confronto e il superamento degli antichi filtrato attraverso l’idea di bello naturale. Thorvaldsen ripropone la fascinazione del mondo nordico nei confronti del mediterraneo, proponendo un’immagine piu` austera e nostalgica della classicita`. Entrambi si avvieranno, all’inizio del terzo decennio, al recupero della scultura italiana del Quattrocento: un confronto che sarà interrotto, per Canova, dalla morte (1822), mentre Thorvaldsen potrà garantirsi ancora vent’anni di attività, confrontandosi con i protagonisti della scultura italiana quali Lorenzo Bartolini o Giovanni Maria Benzoni. Caso emblematico del successo riscosso dallo scultore danese è il monumento a Pio VII, commissionatogli nel 1823 alla morte del pontefice.

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