Capolavori Ambasciatori. Le opere della Carrara a Clusone, Iseo, Lovere, Montichiari, Sarnico, Treviglio

Prosegue, presso la Galleria dell’Accademia Tadini, la mostra “Capolavori Ambasciatori“. Intorno alle due opere concesse in prestito dall’Accademia Carrara, il Ritratto di Antonio Canova, di Antonio d’Este, e la Testa di Ebe, della bottega di Canova, saranno esposte una serie di incisioni che documentano la diffusione del culto di Antonio Canova in Lombardia. La mostra sarà aperta fino al 28 settembre 2014.


Nell’ambito del progetto “Capolavori Ambasciatori”, grazie alla disponibilità dell’Accademia Carrara, la Galleria dell’Accademia Tadini ospita dal 14 giugno due opere rappresentative della qualità delle sue collezioni in un settore ancora poco valorizzato come la scultura dell’Ottocento, e dell’identità dell’Accademia Tadini, luogo legato al mito di Canova.

Si tratta del Ritratto di Antonio Canova, visibile nella foto a fianco, e della Testa di Ebe, probabilmente realizzata nella bottega di Canova alla quale spesso erano richieste repliche, anche parziali, degli originali più celebri.

Particolare interesse riveste il Ritratto di Antonio Canova, da sempre considerato un autoritratto ma da riferire alla produzione di Antonio D’Este, scolpito entro il 1808 per il bergamasco Antonio Pezzoli. L’intento del giovane aristocratico era quello di creare nella propria casa una sorta di “cameretta canoviana” dove all’originale di Canova – un busto ideale della musa Erato, acquistato nel 1812 e ora perduto o non identificato (ma qui documentato attraverso una incisione) – si affiancava un suo ritratto.

Antonio D’Este (Venezia 1754 – Roma 1837) aveva condiviso con Antonio Canova la formazione a Venezia; più tardi i due si erano ritrovati a Roma, e D’Este aveva progressivamente affiancato Canova nella conduzione dello studio, fino ad assumerne, nel 1799, la direzione. Dedicandosi al ritratto, genere poco frequentato da Canova (tranne qualche rarissima eccezione) D’Este riesce a raggiungere un delicato equilibrio tra naturalismo e idealizzazione, già sottolineato da Faustino Tadini che nel 1796 ne sintetizzava il metodo, «col ritenere la fisionomia e il bello degli originali, togliendo ad essi quanto la natura vi lasciò di rozzo e deforme». Lo stesso Canova ne apprezzava la sua produzione, tanto da scrivere «Antonio D’Este si fa onore con i suoi ritratti: egli ne fa moltissimi». E’ proprio Antonio D’Este a scolpire, nel 1804, il Ritratto del conte Giacomo Carrara che la commissaria dell’Accademia bergamasca aveva richiesto per celebrare il fondatore.

Questo garbato naturalismo, ben diversi dalla tensione idealizzante alla quale Canova sottopone i suoi modelli, appare nei ritratti dello stesso Canova eseguiti da Antonio D’Este, come il busto dell’Accademia Carrara. Nella scultura colpisce a capacità di cogliere nel volto del grande scultore l’immediatezza dell’espressione. D’Este si vantava, infattti, di saper cogliere e interpretare l’animo dell’amico, un ruolo che sarà sancito, nel 1864, dalla pubblicazione delle Memorie dedicate all’amico (pubblicate solo nel 1864 a cura del nipote, Alessandro D’Este).

Proprio la volontà di esporre un’immagine di Canova è all’origine della diffusione dei suoi ritratti anche in materiali meno nobili, che ne consentivano un’ampia circolazione. L’erma in gesso esposta in mostra, proveniente dalle collezioni dell’Accademia Tadini, è tratta dal ritratto scolpito da Antonio D’Este nel 1795, e fu realizzata in occasione dell’inaugurazione della Stele Tadini nel 1821 per evocare il grande scultore, assente. Dallo stesso modello è tratta anche l’incisione di Pietro Fontana per illustrare il libro dedicato da Faustino Tadini a Antonio Canova, e quella che traduce il medaglione realizzato nel 1808, incisa da Pietro Bettelini.

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