Vanitas (Putto con teschio, specchio e civetta)

Autore: Ambito di Giovan Battista Barbieri, detto il Guercino

Data: 1640 circa

Tecnica e supporto: olio su tela

Dimensioni: 54 √ó 70,5 cm

Inventario: P 337

“189. Un fanciullo tiene nella mano destra uno specchio col quale riflette alcuni raggi, e colla sinistra si appoggia ad un cranio. Sopra un libro posto nel davanti evvi un gufo sovra al quale nel fondo sta scritto in caratteri maiuscoli: nec horret nec timet. p. Opera d’autore incerto.”

Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.

Si tratta con ogni evidenza di una Vanitas, un dipinto che, prendendo spunto dai primi versetti del libro biblico sapienziale Qohelet (o Ecclesiaste), tradotti in “vanitas vanitatum et omnia vanitas”, allude al tema della caducità della vita. Sul tavolo, infatti, è posato un teschio, sul quale appoggia la mano grassoccia il putto, che orienta con l’altra un piccolo specchio per riflettere un raggio di luce. L’iscrizione in alto a sinistra, “NEC HORRET NEC TIMET”, spesso adottata nella predicazione cristiana, invita a non abbandonare il giusto percorso, e anche la presenza della civetta, simbolo che può assumere valenze diverse, sembra qui fungere prevalentemente da monito, alludendo alla lungimiranza. Mi segnalano Maria Letizia Casati ed Elena Lea Bartolini che l’iscrizione presente sulla costa del grande libro posato sul tavolo riporta le parole iniziali del primo trattato Talmud babilonese, detto delle Benedizioni, che si pone il quesito da quale momento gli Ebrei possono cominciare a pronunciare la preghiera serale. Una colta citazione che attesta l’alto livello intellettuale del committente.

Il dipinto, parte del legato del conte Luigi Tadini (1828), è registrato nelle prime guide della Galleria (Tadini 1828; Tadini 1837) come opera di “autore incerto”. Questa indicazione generica compare anche nei testi successivi (Catalogo 1903; Scalzi 1929). In effetti, l’opera, insolita anche per soggetto, provoca qualche difficoltà sotto il profilo attributivo, tant’è vero che le successive ipotesi, oscillanti fra Seicento e Settecento, vengono tutte avanzate oralmente. A quanto risulta dalle indicazioni riportate sul catalogo conservata presso la Galleria (Pinacoteca 1966), si va da un primo riferimento ad Alessandro Varotari, detto il Padovanino (suggerito da Giuseppe Fiocco, 1959), all’accostamento al fiorentino Alessandro Gherardini (proposto da Marco Rosci, 1982), a un suggerimento (anonimo) in favore di Luigi Miradori detto il Genovesino. Infine, una proposta orale di Angelo Mazza (2012) orienta la ricerca verso l’ambito di uno dei più interessanti pittori emiliani del XVII secolo: il centese Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino. Ed è con questa ipotesi che chi scrive concorda, essendo arrivata indipendentemente alla stessa conclusione.

La teletta, a cui un restauro del 2000 ha donato migliore leggibilità, trova riscontro, per le ombreggiature profonde e a un tempo morbide che segnano il volto del fanciullo, nelle soluzioni relativamente giovanili del pittore di Cento, quelle coincidenti o immediatamente successive al viaggio romano. Il volto del bimbo richiama, anche per un analogo baluginio negli occhi, quelli degli angeli che attorniano la Vergine assunta nella volta della chiesa del Rosario a Cento, che viene datata intorno al 1622 (D. Mahon, in Il Guercino, catalogo della mostra [Bologna, Museo Civico Archeologico; Cento, Chiesa del Rosario, 6 settembre – 10 novembre 1991] a cura di D. Mahon, Bologna 1991, n. 25), e analogo è il gioco dell’ombra e della luce contro il buio del fondo.

Non è possibile, a mio giudizio, riconoscervi nessuno degli artisti noti che ruotano intorno al Guercino, né i Gennari, né Mattia Loves, né Benedetto Zalone, per cui si sceglie di non assegnare nessun nome, per ora, al dipinto, che risulta di grande interesse sia per la qualità esecutiva, buona, anche nel caso si trattasse di una derivazione da un più nobile modello guercinesco e in leggero ritardo rispetto a quello, sia per l’originalità del soggetto, alquanto complesso.

Fiorella Frisoni


Per saperne di più:

[L. Tadini], Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828, p. 38;

[L. Tadini], Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Bergamo 1837, p. 50;

Catalogo della Galleria Tadini in Lovere, 1903, p. 36;

E. Scalzi, Accademia di Belle Arti Tadini. Catalogo dei quadri esistenti nella Pinacoteca con note illustrative, Lovere 1929, p. 100.

F. Frisoni in L’incanto svelato. L’arte della meraviglia da Tiepolo a Manzù, catalogo della mostra (Bergamo, Palazzo Polli Stoppani, 1 dicembre 2018 -2 4 febbraio 2019) a cura di E. Lissoni, L. Molino, Milano 2018, pp. 36-37 cat. 8

 

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