Sant’Antonio di Padova

Autore: Antonio (Murano, 1415 - Venezia, 1480) e Bartolomeo Vivarini (Murano, 1432 - Venezia, 1499)

Data: 1447-1451

Tecnica e supporto: tempera su tavola

Dimensioni: 64x37 cm

Inventario: P 25

“253. S. Antonio da Padova con libro nella mano destra, e giglio nella sinistra. Opera di Giovanni Vivarini , in tavola; coll’imprimitura rilevata in gesso.”

Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.

La tavola è stata acquistata dal conte Luigi Tadini con un riferimento alla personalità fittizia di “Giovanni Vivarini”, probabilmente nata dalla confusione tra Antonio Vivarini e Giovanni da Ulma (noto come Giovanni d’Alemagna). L’attribuzione ad Antonio Vivarini, nella sua tarda attività, è stata avanzata da Rodolfo Pallucchini (1960, comunicazione scritta).

Nel 1960 Roberto Longhi rendeva note due tavole allora in collezione Sestieri-Di Castro a Roma, Santa Lucia, oggi al Cincinnati Art Museum (inv. 60.18, tempera su tavola, cm 55,1 x 35) e Sant’Apollonia (tempera su tavola, cm 55 x 35), oggi in collezione privata, la prima come opera impostata da Antonio, con un intervento di Bartolomeo che aguzza le pieghe del corpetto, la seconda attribuita al solo Bartolomeo (Longhi 1960).

Un possibile rapporto tra queste due tavole e il Sant’Antonio Tadini è suggerito da Federico Zeri in una nota autografa al verso della fotografia dell’opera di Lovere conservata presso la Fototeca della Fondazione Federico Zeri (Foto INVN 61312, segnalata da A.L. Casero):«da un polittico simile a quello delle due sante ex Sestieri / ma con nimbi leggermente diversi, forse quelli del San Bernardino di Capodistria» (quest’ultimo ora presso il Santuario di S. Antonio, Museo Renato Raffaelli, Gemona del Friuli). L’ipotesi potrebbe essere confermata dalla somiglianza quasi palmare del disegno della cornice e delle misure di base dei tre pannelli. Zeri rilevava tuttavia una leggera differenza dei nimbi, e una maggiore prossimità sotto questo aspetto al San Bernardino di Capodistria (cfr. A.L. Casero, in scheda SIRBeC). Quest’ultima tavola, alla quale il Sant’Antonio potrebbe connettersi per l’iconografia francescana, proviene dal convento di San Bernardino a Portoroz, fondato nel 1452, e si trova oggi al santuario di Sant’Antonio-Museo Raffaelli di Gemona del Friuli (UD), insieme ad altre opere di provenienza istriana. La tavola, decurtata nella parte inferiore, si presenta completamente ridipinta sul fondo, con misure di base maggiori di quelle del Sant’Antonio ed è stata ricondotta da Stefano L’Occaso alla collaborazione tra Antonio e Bartolomeo a una data non troppo lontana dall’anno di erezione della chiesa di San Bernardino a Portoroz, e comunque entro il sesto decennio (L’Occaso 2005, pp. 91, 94).

Le indicazioni longhiane risultano dunque più che mai utili per riconsiderare il dipinto Tadini come opera di Antonio che, intorno al 1449-1450 e già prima della morte di Giovanni d’Alemagna, vede farsi avanti il giovane Bartolomeo «quale aiutante anonimo». Tratti di maggiore modernità si notano ad esempio nelle pieghe del saio, soprattutto nella manica sinistra (G. Valagussa, in I restauri 2000, p. 84. con attribuzione ad Antonio; Andrea De Marchi, comunicazione orale al museo del 2013, con attribuzione ad Antonio e Bartolomeo).


Per saperne di più:

R. Longhi, Un’eventualità relativa a una “Madonna” di Antonio Vivarini, in “Paragone”, 1960, pp. 9-11 (in: Opere complete, Ricerche sulla pittura veneta: 1946 – 1969, Firenze, 1978, pp. 141-142

G. Valagussa in I restauri del Tadini, a cura di G.A. Scalzi, Lovere 2000, pp. 84-85 cat. 25

G. Algeri, S. L’Occaso, Le opere d’arte della chiesa di Sant’Anna di Capodistria, in Histria. Opere d’arte restaurate da Paolo Veneziano a Tiepolo, Milano 2005, pp. 87-97.

V. Buonocore, Per l’attività padovana di Antonio Vivarini, in “Arte cristiana”, 96, 2008, 848, pp. 331-340

B.M. Savy, Per la fortuna critica dell’Accademia Tadini: gli appunti di Roberto Longhi. Introduzione, trascrizione e note critiche, in M. Albertario, B.M. Savy, Il giovane Paris/Il giovane Longhi. La pala Manfron dell’Accademia Tadini tra storia, critica, restauro, Milano 2020, pp. 184-185.

× Hai bisogno di aiuto?