Autore: Domenico Brusasorzi (Verona, 1516 – Verona, 1567)

Data: 1540 circa

Tecnica e supporto: olio su tela

Dimensioni: 84 x 63 cm

Inventario: P 80

“377. Ritratto di un Martire Olivetano. Opera di Domenico Brusasorzi. Esisteva nel Monastero di  Santa Maria in Organis di Verona.”

Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.

Il dipinto, insieme con il Ritratto di Bartolomeo de Martini  di Giovanni Caroto, venne acquistato dal conte Tadini da un padre Da Prato ed è stato unanimemente riconosciuto come uno dei “dodici retratti boni, tra li molti che vi sono di abbati e monaci, parte del buon secolo” registrati nel Catastico della pittura veronese nel dormitorio del monastero olivetano di Santa Maria in Organo a Verona (Dalla Rosa 1803, p. 191; Albertario 2012, p. 9).

Il Ritratto vive nella tensione tra l’indagine acuta del dato naturale, attraverso la registrazione lenticolare degli accidenti fisioniomici e dei fatti di lume, e la dimensione contemplativa, resa evidente dallo sguardo limpido appuntato verso un orizzonte lontano che si sottrae al dialogo diretto con l’osservatore. Di quello stesso orizzonte spirituale sono emblemi espliciti il libro nella destra, la palma nella sinistra, allusiva al martirio incruento, della vita ascetica (Pozzo 2018). Le tracce di titolo sulla coperta del libro suggeriscono che ad esso fosse affidato un ancor più esplicito messaggio.

L’intensità che ne deriva colloca il dipinto alla pari con le “bellissime teste e fatte con molta diligenza” ricordate da Vasari nella sacrestia di Santa Maria in Organo: di fatto nel monastero olivetano la quantità e qualità di ritratti (di Francesco Morone, Giovanni Caroto, Giovan Francesco Caroto fra tutti) costituisce un episodio significativo nella tradizione veronese (su cui: Zamperini 2012).

L’attribuzione a Domenico Brusasorzi (Tadini 1828, 1837; Catalogo 1903, p. 15; Scalzi 1929, p. 55), venne messa in discussione e il dipinto passato al trevigiano Francesco Beccaruzzi, sulla scorta dei pareri di Bernard Berenson, di Nicola Ivanoff e di Wart Arslan (Scalzi 1969, p. [9]; 1992, p. 18); è stato riportato a Domenico da Sergio Marinelli (1998, pp. 832-834, 880), con una cronologia precoce, confermata dagli studi più recenti (Rossi 2000, p. 7; Guzzo 2017, p. 121).

Domenico Brusasorzi (1516-1567), dopo una formazione nell’ambito della tradizione veronese, a partire dal padre Agostino, si accosta alla cultura manierista e alla tradizione nordica e fiamminga in particolare, raggiungendo una statura artistica puntualmente rilevata da Giorgio Vasari.

Il Ritratto appare esemplare della cultura di Domenico: se l’attenzione alla pittura nordica viene declinata attraverso la lenticolare resa dei dettagli del volto e la finissima indagine sulla luce, l’inquietudine che serpeggia nel dipinto, nel contrasto tra la solida presenza fisica del monaco e il suo ritrarsi in una dimensione lontana dall’immediatezza della posa e dell’osservazione, colloca il dipinto nella temperie tardo-rinascimentale e manierista                   .

L’attendibile collocazione cronologica nella prima maturità del pittore, entro gli anni quaranta del Cinquecento (Marinelli 1998, p. 834) pone il dipinto in contiguità con l’attività di Domenico per la sagrestia di Santa Maria in Organo (1548-1550, Rognini 2007, p. 193).


Inventari e cataloghi

L. Tadini, Descrizione generale dello stabilimento dedicato alle belle arti in Lovere dal conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828, p. 65, n. 377.

L. Tadini, Descrizione generale dello stabilimento dedicato alle belle arti in Lovere dal conte Luigi Tadini cremasco, Bergamo 1837, p. *** n. 377.

Catalogo della Galleria Tadini, Lovere 1903, p. 15, n. 80.

E. Scalzi, Catalogo dei quadri della Galleria Tadini, Lovere 1929, p. 55 n. 80.

G. A. Scalzi, La Galleria Tadini, Lovere 1969, p. (7), n. 80.

G. A. Scalzi, Galleria Tadini. Guida, Lovere 1992, II, p. 18, n. 80.

 

Per saperne di più:

S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture, e scolture esistenti nelle chiese, e luoghi pubblici situati in Verona, Verona 1803 (ed. cons. S. Marinelli, P. Rigoli, Catastico delle pitture e scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici di Verona di Saverio Dalla Rosa, Verona 1996), p. 191.

A. Avena, L’istituzione del Museo Civico di Verona. Cronistoria artistica degli anni 1797-1865, “Madonna Verona”, 1907, pp. 84-85, n. 6.

B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento. Elenco dei principali artisti e delle loro opere con un indice dei luoghi. La scuola veneta, London/ Firenze 1958, p. 28.

F. Rossi, Un inedito ritratto di Domenico Brusasorci, “Verona illustrata”, 2000, pp. 5-9, p. 7.

L. Rognini, La sagrestia di Santa Maria in Organo. Le vicende storiche e artistiche della “più bella sagrestia che fusse in tutta Italia”, Sommacampagna 2007.

S. Marinelli, Verona 1540-1600, in La pittura del Veneto. Il Cinquecento, a cura di M. Lucco, vol. 2, Milano 1998, pp. 833-834, 880 nota 41, fig. 890.

A. Zamperini, In competizione con l’antico e la natura: il ritratto a Verona nel Quattro e Cinquecento, in L. Olivato, A. Zamperini (a cura di), Il ritratto e l’élite. Il volto del potere a Verona dal XV al XVIII secolo, Rovereto 2012, pp. 21-69.

M. Albertario, “Darò notizie della mia Galleria”. Le raccolte del conte Luigi Tadini, in Musei nell’Ottocento. Alle origini delle collezioni pubbliche lombarde, Torino 2012, p. 39.

E.M. Guzzo, Cipriano Cipriani e gli altri. Ritratti di Olivetani nel Rinascimento veronese, in Cipriano Cipriani. Abate olivetano veronese del Cinquecento, Saonara (PD) 2017, pp. 117-121.

A. Pozzo, Monaco/Martire. Le figure retoriche di un nuovo paradigma, “Lexia – Rivista di semiotica”, 31-32, 2018, pp. 151-174.

La tela di Domenico Brusasorzi è stata restaurata da Roberta Grazioli nel 2023 grazie al sostegno della Fondazione della Comunità Bergamasca e un contributo del Circolo Amici del Tadini nell’ambito del progetto I colori di Verona (Bando 2022/2).