Autore: Liberale di Iacopo da Verona (Verona, 1445 circa - Verona, già morto nel 1529)
Data: 1520 circa
Tecnica e supporto: olio su tavola
Dimensioni: 75x58 cm
Inventario: P 26
Autore: Liberale di Iacopo da Verona (Verona, 1445 circa - Verona, già morto nel 1529)
Data: 1520 circa
Tecnica e supporto: olio su tavola
Dimensioni: 75x58 cm
Inventario: P 26
“3. La Madonna col Bambino seduto sopra un cuscino, S. Giovannino in ginocchio, e quattro angeli di dietro. Pittura d’incerto, sulla tavola.”
Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.
Il conte Tadini acquistò il dipinto a Venezia nel 1813 come opera firmata “Opus Pietro Perugino”: (Albertario 2012, p. 10). Se la firma apocrifa è andata perduta, probabilmente rimossa in un restauro prima del 1828 (il conte non fa cenno a Perugino nella Guida), il dipinto è tuttora accompagnato dallo stemma Correr, aggiunto alla tavola in un momento non precisabile.
Nel Catalogo del 1903 appariva un riferimento alla “maniera di Liberale da Verona” (Catalogo 1903, n. 26, p. 9, ripreso da Scalzi 1992, p. 27); assente nella monografia dedicata al pittore (Del Bravo 1967), Luisa Vertova la aggiunse alle liste di Berenson (in Berenson 1968, p. 210) e l’attribuzione venne recepita da Eberhardt (1974, p. 110) e mai più messa in discussione (da ultimo: Vinco 2013, con una cronologia intorno al 1520). Attivo come miniatore dalla straordinaria inventiva a Monteoliveto Maggiore e Siena tra il 1467 e il 1475 – forse dopo una formazione ferrarese -, nel soggiorno in Centro Italia attinse alla cultura toscana. L’arrivo a Siena di Gerolamo da Cremona (1470), con cui collaborò fino al 1475, fornì a Liberale spunti verso una violenza patetica alimentata da un cromatismo acceso e netto. Al rientro a Verona (1476) nuovi più profondi contatti con la cultura nordica lo condussero a rafforzare il carattere singolare e fantastico delle invenzioni, pur nel dialogo con il colore atmosferico dei veneziani, soprattutto dalla fine del secolo (De Marchi 1999).
La Madonna, circondata da quattro angeli recanti gigli, emblema della verginità di Maria, accoglie in un abbraccio protettivo il Bambino, che benedice san Giovannino; lo sfondo è un cielo limpido su cui scorrono lievi cirri. In primo piano, secondo la tradizione quattrocentesca, il Bambino con il globo siede su un cuscino poggiato su un parapetto marmoreo: questo oggi è scomparso a seguito delle ridipinture ma se si colgono le tracce di qualche venatura. Allo sguardo della madre, rivolto verso il cielo, e all’atteggiamento degli angeli è affidato il senso di doloroso presentimento della Passione. Il solido impianto volumetrico e prospettico delle figure in primo piano, attentamente definite da scorci e modulazioni chiaroscurali, coesiste con le serrate quinte costituite dai quattro angeli, resi con raffinati contrasti luministici (in ombra le figure a destra della Vergine, accarezzate da una luce misurata quelle a sinistra).
Una complessa vicenda conservativa – comune a numerose opere dell’artista (H.-J. Eberhardt, schede 174-175, 180, 182-183, in Museo di Castelvecchio 2010) – ha gravemente compromesso la leggibilità del dipinto, in parte recuperata nel restauro che consente di apprezzare le finezze da miniatore nella capricciosa nuvolaglia del cielo che dialoga con i gigli corposi, nelle ciocche sparse sulle spalle della Vergine, come nei riflessi dei capelli degli angeli. Il manto della Vergine ricade sul parapetto, e deboli tracce suggeriscono la presenza di risvolti a contrasto, originariamente in grado di definire potentemente i volumi della figura ma oggi riassorbiti da una campitura pressoché uniforme.
Il dipinto si colloca agevolmente nella produzione di Liberale, sia per gli aspetti espressivi (a partire dagli sguardi rovesciati verso l’alto, presenti fin dalla pala di Berlino del 1489 e ripresi in numerose opere per la devozione privata), sia per quelli compositivi come il tema dei quattro angeli in adorazione intorno alla Vergine con il Bambino, indagati anche nelle diverse esposizioni al lume; derivante da modelli centroitaliani, la cortina di angeli è presente fin dalla Madonna già Volterra, poi Foresti, collocata tra le prime prove del rientro a Verona (1476, Tumidei 1996), quindi nello Sposalizio di santa Caterina della collezione Canossa (Eberhardt 1974, p. 107); caratteristica dell’artista è anche la composizione aperta verso sinistra. In un tessuto di elementi quasi routinari della sua produzione, l’iconografia adottata mostra l’attenzione del vecchio maestro alle novità artistiche. Il dialogo tra i santi bambini (un riferimento all’incontro tra il piccolo Giovanni Battista e la Sacra Famiglia al rientro dalla fuga in Egitto, narrato nelle Meditationes Vitae Christi, che ora si può leggere in Le Meditationes 2021, p. 134), è elaborato in Italia Centrale, dove gli esempi si moltiplicano dagli anni Ottanta del Quattrocento (Berenson 1923-1924), dunque dopo il rientro di Liberale in patria; in Italia settentrionale da un lato trova fortuna a Venezia e in Terraferma dopo il tornante di secolo, dall’altro è l’oggetto delle riflessioni di Leonardo confluite nelle versioni della Vergine delle Rocce, che troveranno uno straordinario irradiamento da Milano, e che verranno recepite ad esempio da Correggio intorno al 1513-1515 (Ekserdjian 1997, pp. 38-41).
Se le condizioni del dipinto non consentono una sicura indagine sui dati tecnici sono i riferimenti culturali a consentire una collocazione dell’opera nel secondo decennio del Cinquecento, se non sul limite del 1520 (Vinco 2013): l’opera consente di cogliere anche nella fase tarda e discendente della produzione di Liberale tanto l’attenzione verso le novità della scena pittorica settentrionale, ma anche elaborazioni di nuovi motivi, come la mano in prospettiva della Vergine, che si riconosce con una rotazione anche nella coeva Adorazione dei magi di Santa Maria della Scala (H.-J. Eberhardt, in Mantegna 2006, scheda 55 pp. 283-285).
Per saperne di più:
B. Berenson, Un possibile Antonello da Messina ed uno impossibile, “Dedalo”, 1923-1924, nn. 1-2, pp. 3-22, 99-120.
C. Del Bravo, Liberale da Verona, Firenze 1967.
B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance: a List of the Principal Artists and their Works, with an Index of Places, London 1968.
H.J. Eberhardt, Liberale da Verona, in Maestri della pittura veronese, a cura di P. Brugnoli, Verona 1974, pp. 101-112.
A, Chastel, Le Madonne di Leonardo, XVIII Lettura Vinciana, Firenze 1979.
S, Tumidei, Liberale da Verona: un’aggiunta per gli anni senesi, “Nuovi studi”, 1996, 2, pp. 5-9.
D. Ekserdjian, Correggio, Cinisello Balsamo 1997.
A. De Marchi, Liberale da Verona, in La pittura del Veneto. Il Cinquecento, III, a cura di M. Lucco, Milano 1999, pp. 1298-1299.
Mantegna e le arti a Verona 1450-1500, catalogo della mostra (Verona, 16 settembre 2006-14 gennaio 2007), a cura di S. Marinelli, P. Marini, Venezia 2006.
H.-J. Eberhardt, in Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi. I. Dalla fine del X all’inizio del XVI secolo, a cura di P. Marini, G. Peretti, F. Rossi, Cinisello Balsamo 2010, schede 174-175, 180, 182-183
M. Albertario, “Darò notizie della mia Galleria”. Le raccolte del conte Luigi Tadini, in Musei nell’Ottocento. Alle origini delle collezioni pubbliche lombarde, Torino 2012.
P. Plebani, Verona e gli artisti veronesi nelle «Vite» di Giorgio Vasari, Milano 2012.
P. Artoni, Liberale da Verona, in Le vite dei veronesi di Giorgio Vasari, a cura di M. Molteni, P. Artoni, Ponzano Veneto 2013, pp. 57-67.
M. Vinco, scheda, 2013 (https://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/S0010-00020/).
Le Meditationes vitae Christi in volgare secondo il codice Paris, BnF, it. 115, a cura di D. Dotto, D. Falvay, A. Montefusco, Venezia 2021.
Monica Ibsen
La tavola di Liberale da Verona è stata restaurata da Roberta Grazioli nel 2022 grazie al sostegno della Fondazione della Comunità Bergamasca e un contributo del Circolo Amici del Tadini nell’ambito del progetto I colori di Verona (Bando 2022/2).