Madonna con il Bambino e i santi Giuseppe, Giovanni Battista, Elena, Caterina d’Alessandria

Autore: Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia, 1548 -1628)

Data: 1580-1581 circa

Tecnica e supporto: olio su tela

Dimensioni: 142 x 95 cm

Inventario: P 214

“124. Quadro per traverso rappresentante la Madonna col Bambino sulle ginocchia. A diritta S. Giambattista e S. Giuseppe; alla sinistra S. Caterina della ruota e S. Elena, verso la quale il bambino si rivolge in atto di allegrezza. Sono più che mezze figure Questo bellissimo quadro e opera rata di Paolo Caliari detto Paolo Veronese.”

Luigi Tadini, Descrizione generale dello Stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal Conte Luigi Tadini cremasco, Milano 1828.

Il dipinto era attribuito da Luigi Tadini a Paolo Veronese, e sarà restituito a Palma il Giovane da Gustavo Frizzoni. Il disegno preparatorio pienamente rispondente nella composizione ma più tradizionale nella rappresentazione dei personaggi sacri si conserva all’Albertina di Vienna (n. 1692r). Nella versione definitiva, le figure di sant’Elena, che ha smesso per un momento le sfarzose vesti regali della tradizione iconografica veneziana per abbandonarsi a un atteggiamento intenerito e familiare, e di Caterina poco più che bambina danno vita a un’atmosfera affettuosa e intima, consona alla destinazione privata del dipinto.

Il dipinto si colloca nella tradizione compositiva delle Sacre conversazioni:  l’impianto a più che mezza figura, con la Vergine assisa al centro, rappresentata fino alle ginocchia a consentire un appoggio per il Bambino e i santi ad attorniarla raccolti in preghiera o presi da un animato dialogo con il Bambino è stato continuamente rielaborato nella produzione veneziana a partire almeno dagli anni Dieci del Cinquecento e particolarmente frequentato fino alla metà del secolo.

La luminosità soffusa e il fumoso movimento delle ombre, la vivacità del Bambino e l’animazione dei personaggi denunciano il debito verso Tiziano da parte di Palma il Giovane, che tuttavia guarda anche a Veronese, nel gusto per le vesti di tessuto broccato esibito da santa Caterina.

Per l’opera è stata proposta una cronologia all’inizio degli anni ’80 del Cinquecento, quando Tiziano era da poco scomparso; Palma era rientrato a Venezia da Roma dopo il 1574 e la sua affermazione nella seconda metà dell’ottavo decennio era stata veicolata da un lato dalla riproposizione della cultura manierista romana, dall’altro dalla riflessione sui grandi maestri della pittura veneziana: Tiziano, appunto, Veronese, Tintoretto. Palma, tuttavia, qui sembra anche voler evocare nell’impianto modelli più antichi, come quelli di Palma il Vecchio, in una dinamica che coinvolge la volontà di affermazione sulla scena artistica attraverso un gioco di rimandi familiari e di emulazione di modelli, ma anche, probabilmente, le istanze di una devozione animata da un senso di confidenza con il sacro.

Monica Ibsen


Per saperne di più:

N. Ivanoff, P. Zampetti, Giacomo Negretti detto Palma il Giovane, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Cinquecento. III, Bergamo, 1979, p. 541, fig. 673.

S. Mason Rinaldi, Palma il Giovane. L’opera completa, Milano 1984, pp. 90, 164, f. 46.

G.A. Scalzi, in Tesori delle fondazioni artistiche italiane, catalogo della mostra (Verona, Fondazione Museo Miniscalchi Erizzo, 30 marzo-1 maggio 1990), a cura di G.P. Marchini, Verona 1990, pp. 60-61.

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