La Divina Commedia di Dante Alighieri manoscritta da Boccaccio

Autore: Dante Alighieri

Data: Roveta: negli occhi santi di Bice, 1820 ([Rovetta]: felicemente impresso nelle case dei Fantoni, 1820).

Tecnica e supporto:

Dimensioni:

Inventario: ATL 14.I.6.1-3

In ottavo, in tre tomi; sul frontespizio marca tipografica che rappresenta un elefantino bardato e circondato da nove stelle; antiporta calcografica del primo tomo con una tavola incisa da un disegno originale di Giuseppe Bossi, proprietà del marchese Trivulzio, rappresentante Dante, Petrarca e Boccaccio in ovali; le dimensioni del campo inciso sono di 12 x 8 cm. All’esemplare dell’Accademia è allegata anche una prova di stampa su carta tinta con inchiostro giallo.

I tre tomi sono titolati semplicemente “La prima cantica”, “La seconda cantica”, “La terza cantica” sotto cui una elegante “F” (iniziale di Fantoni) è coronata da nove stelle; a piè di pagina la scritta “a rovetta in provincia di bergamo.”

L’opera comprende XXXI pagine con una introduzione intitolata “Ai cultori del Divino Poeta”; seguono 612 pagine numerate in progressione nei tre tomi contenenti le tre cantiche senza alcun commento. Alla fine, nel terzo tomo, seguono tre carte non numerate con “Emendazioni proponibili al Codice” e la scritta ” xiiiI settembre MDCCCXX/ Felicemente impresso/  nelle case dei Fantoni/ Pio viI santiss. e gloriosiss. Papa”

Luigi Fantoni stampò i volumi in ottavo in carta bianca e caratteri in nero; carta marrone-viola e caratteri in bianco, giallo-oro e arancione; carta giallo scuro e caratteri in bianco; carta giallo scuro e caratteri in rosso; carta viola e caratteri in giallo. La copertina originale è generalmente in carta grigio-verde scuro. Inoltre stampò ventitre esemplari numerati in carta velina in quarto. In molte delle copie esistenti i tre tomi sono uniti in un solo volume.

La copia di proprietà dell’Accademia Tadini è un esemplare “standard” in carta bianca e caratteri neri, copertina in carta grigio-verde, pagine tagliate in tipografia; una prova di stampa della tavola rappresentante Dante, Petrarca e Boccaccio è stata fissata all’inizio del primo volume da un intervento di restauro e per rendere più robusta la terza di copertina del secondo volume vi è stata incollata a rovescio, chiaramente prima che il volume lasciasse la tipografia, la p. 326 su cui si possono leggere i vv. 19-45 di Pg. XX.

Due lettere che riguardano la trasmissione del primo tomo dell’edizione sono conservate presso l’Archivio fondazione Fantoni, Rovetta: entrambe del 4 maggio 1822, la prima di Luigi Tadini a Luigi Fantoni; la seconda la minuta della lettera di Luigi Fantoni a Luigi Tadini.

L’edizione della Commedia è stata condotta dal Fantoni sul codice Vaticano latino (Vat. lat. 3199) che egli vide e copiò a Parigi, dove il manoscritto si trovava dal 1797 e dove rimase fino alla caduta di Napoleone nel 1815 per poi tornare alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Si tratta di un superbo codice membranaceo di 3+80 carte, scritto e decorato nelle iniziali negli anni 1351-1353; la tradizione accolta anche dal Fantoni vuole che esso sia autografo di Boccaccio e da questi inviato in dono a Petrarca che molto sobriamente lo postillò. Appartenne poi al cardinal Pietro Bembo e giunse infine alla Biblioteca Vaticana dopo altri passaggi.

Il codice non è di mano di Boccaccio, ma è l’antigrafo di due (Toledano 104. 6 e Riccardiano 1035) dei tre manoscritti autografi dello scrittore di Certaldo che contengono la Commedia.

Luigi Fantoni nella sua introduzione “Ai cultori del Divino Poeta”, dopo aver sostenuto che si tratta di un autografo di Boccaccio, aggiunge: «Quand’anche fosse quel Codice scritto da qual che siasi copista, preziosissimo tuttavia dovrebbesi riputare tanta ne è la correzione e la costanza dell’ortografia […] e tanto ricco di Lezioni sconosciute, e affatto proprie del Poeta» (p. VI) e prosegue sostenendo che il codice può sostituire l’autografo perduto di Dante perché è «con quelle lettere, con quei suoni, con quel numero, scritto, che egli scrisse, e non con altri» (p. VIII). Afferma poi di aver copiato «secondo la giusta norma del Codice, ogni voce, ogni sillaba, anzi ogni lettera» (p. VII) anche se «Osai introdurre i segni ortografici […] e le majuscole, escluse però da’ capoversi ad imitazione sua [scl.: del codice]» (p. XXX).

Oggi si ritiene che fra tutti i codici che hanno tràdito la Commedia i più attendibili siano quelli settentrionali, dell’area geografica cioè in cui l’opera è stata scritta. Quelli centroitalici e segnatamente quelli fiorentini conterrebbero forme che sono state “ritoscanizzate” dai copisti e che Dante non avrebbe mai usato. I manoscritti di Boccaccio, proprio per l’autorevolezza dell’autore, e anche Vat. lat. 3199, sarebbero stati causa di una vasta corruttela in tal senso.

Sulla diligenza con cui il codice è stato riportato scrive Paul Colomb de Batines: «I vocaboli latinamente scritti, le permutazioni di caratteri affini, i fiorentinismi, i raddoppiamenti e le mancanze di lettere, le aspirazioni per lo più trascurate, le moltissime afferesi ed apocopi, e gli errori stessi per fine che si leggono nel Codice, si leggono pure nella stampa; e sono diligentemente notati dall’editore nella prefazione.». Ricorda poi  che il Fantoni ha confrontato il manoscritto vaticano con altri conservati a Bergamo, a Milano, a Firenze, a Vienna e a Montecassino. Quella del Fantoni è in sostanza una edizione che segue il criterio del codex optimus (il bon manuscript) che quasi cent’anni dopo sarà teorizzato da Joseph Bédier: la pubblicazione filologicamente attentissima di un manoscritto ritenuto il più attendibile. Ma la critica attuale non ritiene tale Vat. lat. 3199.

L’editore conclude la sua introduzione con queste parole, fra il romantico e l’arcadico: “E il libro non è stato pubblicato a Roma, a Firenze ecc. ma perché voi Cultori del Divino Poeta che […] vi compiacete, che in ogni angolo di questa sacra terra si coltivino le Muse; questa edizione della Divina Commedia desiderata da tutti i poeti, è data a voi, in uno stremo d’Italia, in picciola villa, in mezzo l’Alpi, tra i gioghi altissimi del Presolano; per opera d’umil pastore” (p. XXXI).

 

Gianfranco Bondioni


Per saperne di più:

P. Colomb de Batines, Bibliografia Dantesca ossia Catalogo delle edizioni, traduzioni, codici manoscritti e comenti della Divina Commedia e delle Opere minori di Dante, seguito dalla Serie de’ biografi di lui. Traduzione italiana fatta sul manoscritto francese dell’Autore, 2 vol. in 3 tomi, Prato, 1845-1848; I, pp. 148-149; (sul codice Vat. lat. 3199 II, pp 165-168).

L. Rigon, La quadreria Fantoni nelle Raccolte della fondazione, in «La quadreria Fantoni», a cura di L. Rigon, Rovetta, 2012; p. 15.

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