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Nel maggio del 1939 viene inaugurata con una mostra personale – a cui interverrà anche Jacopo Gasparini – la “casa artistica” di Giorgio Oprandi. L’edificio, che sorge al n. 2 sulle mura della Fara a Bergamo, è costruito su progetto degli amici Luigi e Sandro Angelini, che cercano di soddisfare le richieste dell’artista. Aderente al linguaggio razionalista – seppur con alcune soluzioni orientaleggianti – la nuova dimora di Oprandi viene riprodotta e descritta in un opuscolo illustrato che viene pubblicato in occasione dell’inaugurazione.

Concepita più come spazio espositivo e atelier piuttosto che come abitazione, la casa di Oprandi viene descritta in questi termini da Orio Vergani: “Volta le spalle alla città, la casa che Giorgio da Lovere, che Oprandi da Bergamo si è costruito quassù, tutta dedicata alla sua pittura, tutta dedicata con le ampie pareti e i lucernari per accogliere la sua pittura, o, forse più, per custodire – benché attorno non veda nessun preciso «ricordo di viaggio» -, l’incantata memoria del lungo girovagare via per il mondo. Nelle giornate di bel tempo lo studio deve esser invaso dalla luce, le finestre debbono sembrare quelle di una nave che stia per ancorarsi. Nel comandare la manovra delle sue pareti e dei suoi apparecchi da illuminazione – bisogna sapere che Oprandi ha trovato un sistema per raddoppiare la portata delle sue pareti e per sollevare o abbassare i soffitti luminosi – il pittore con la sua pipa in bocca, ha il passo e la voce di un nostromo che comandi le vele o l’attracco” (Vergani 1948). Dalle finestre della casa o dalle immediate vicinanze nascono opere come Via Fara a Bergamo, depositato dal Comune di Lovere presso l’Accademia Tadini.

La vita errabonda di Oprandi, divisa tra i brevi ritorni nella casa di via Sant’Alessandro a Bergamo e le lunghe peregrinazioni a bordo della «casa viaggiante», sembra quindi, trovare una conclusione dopo il soggiorno in Albania e la costruzione della casa in Città Alta. “Ora Oprandi ha sistemato il suo tucul motorizzato nell’autorimessa e s’è fatto – con gli stessi concetti africani – il suo ghebbì” scrive infatti l’amico Umberto Ronchi (Ronchi 1939) paragonando la semplice struttura del tucul africano alla “casa viaggiante” e l’imponente architettura del ghebbì alla nuova dimora bergamasca.

Silvia Capponi


Per saperne di più:

G. Banfi, La dimora stabile di Giorgio Oprandi cavaliere errante della bellezza, in «L’Eco di Bergamo», anno LIX, n. 94, 22 aprile 1939, p. 2.

U. Ronchi, Il colonialista, in Inaugurazione artistica della nuova dimora di Giorgio Oprandi, Società Anonima Bolis, Bergamo 1939.

O. Vergani, in Artisti contemporanei. Giorgio Oprandi, catalogo della mostra, a cura di O. Vergani (Milano, Galleria Ranzini, 13-26 novembre 1948), Off. Grafiche Esperia, Milano [1948].