Il dipinto è stato donato all’Accademia Tadini da Ezechia Baldassari in ricordo del padre Guerino Baldassari (1915-1974), iscritto ai corsi di disegno dell’Accademia Tadini e ragazzo di bottega di Giorgio Oprandi. Baldassari lo accompagna nel viaggio in italia nel 1928, ma arrivato in Sicilia è costretto a rientrare per problemi di salute. Continuerà a coltivare la sua passione per la pittura.

Il restauro del dipinto è stato offerto dalla restauratrice Roberta Grazioli

Autore: Giorgio Oprandi (Lovere, 1883 – 1962)

Data: 1919-1921 circa

Tecnica e supporto: olio su tela

Dimensioni: 122x104 cm

Inventario: P 655

L’opera, nota con il titolo di Fascino lunare (Lovere), viene esposta per la prima volta al pubblico nel 1921 in occasione della mostra personale di Giorgio Oprandi ordinata nelle sale della Galleria Pesaro di Milano, insieme ad altri capolavori della produzione giovanile dell’artista, tra cui vanno almeno menzionati Il figlio di Caino, La Primula e I rimasti.

Se in quei dipinti l’artista loverese analizza e sviluppa il tema della pittura di figura, l’opera in esame approccia invece al genere del paesaggio, che nel caso specifico si traduce in una silente veduta notturna di Lovere colta dalla sommità di un pendio. Sulla sinistra, in lontananza, si staglia il profilo della cittadina, mentre in primo piano emerge un imponente albero. La fusione di quest’ultimo con il cielo rischiarato dalla luna, diviene – tra profondità azzurre e riflessi argentati – il principale protagonista della tela.

Un soggetto affrontato secondo un naturalismo che non verte solo alla ricerca del vero ma che è ammantato da un lirismo panico, riassunto in una  pittura in delicato equilibrio tra idea e forma, tra sentimento e dato oggettivo. “Ogni suo dipinto” – scriverà proprio nel 1921 Vincenzo Bucci sulla rivista “Emporium” – “porta in sé non so quale ansia di raggiungerlo, il bisogno d’una verità più grande e profonda di quella che i suoi occhi vedono, un desiderio quasi nostalgico di poesia […]. Giorgio Oprandi “sente” pittoricamente e si esprime coi puri mezzi della sua arte. È come un giuoco gentile del vero con la fantasia; e il merito maggiore dell’artista consiste nel condurvi inavvertitamente dall’uno all’altro, senza farvi avvertire dove l’uno finisca e l’altro cominci”.

L’intimismo poetico del notturno – in aperta antitesi con l’avanguardia futurista che esclamava Uccidiamo il chiaro di luna! – sarà riproposto da Oprandi sia in opere coeve, come testimonia il Notturno a Porta S. Giacomo (Bergamo, Seminario Vescovile Giovanni XXIII),  sia in dipinti successivi, appartenenti soprattutto al periodo dei viaggi in Africa, quale è il caso di Notte al faro di Brava (Bergamo, Seminario Vescovile Giovanni XXIII) o ancora di Notturno africano (Notturno nei dintorni di Derna – Cirenaica).

Silvia Capponi


Per saperne di più:

b. [V. Bucci], Cronache milanesi, in “Emporium”, vol. LIII, n. 318, giugno 1921, pp. 337-338.

L. Angelini, Giorgio Oprandi, in “La Rivista di Bergamo”, a. I, n. 3, marzo 1922, pp. 114-117.

S. Capponi, Riflessioni sull’avvio della carriera artistica di Giorgio Oprandi, in Giorgio Oprandi. Lo sguardo del viaggiatore, catalogo della mostra, a cura di M. Albertario, S. Capponi, (Lovere, Galleria dell’Accademia Tadini, 30 giugno-9 settembre 2018), Lubrina Bramani Editore, Bergamo 2018, pp. 23-28.